La parola Mindfulness significa “consapevolezza“. La capacità di essere presenti a se stessi è una delle nostre capacità innate. Tutti noi sappiamo cosa significa essere concentrati, presenti, attenti al momento presente, man mano che il momento presente passa e si realizza. L’utilizzo clinico della mindfulness nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni 70, quando un ricercatore di biologia, Jon Kabat Zinn, che aveva una profonda conoscenza personale della meditazione vipassana theravada, iniziò a studiare un protocollo con gli esercizi di base della meditazione di consapevolezza su ampi campioni di pazienti in trattamento o in riabilitazione. Questa idea nasceva dal beneficio personale che lui stesso ne aveva ricavato e partiva dalla considerazione che lo stress prolungato innesca modalità disfunzionali di risposta che possono portare a malattie fisiche e disturbi emotivi e che sono sostenute da modalità automatiche di risposta. Riportando l’attenzione al corpo, ai processi percettivi, alle cose nella loro essenza di base, si interrompono le risposte automatiche e possiamo maturare nuove e migliori risposte. Anzi possiamo dire che, interrompendo il pilota automatico, smettiamo di “reagire” e incominciamo a “rispondere”. La definizione di mindfulness di Kabat Zinn è “porre attenzione in modo particolare: al momento presente, intenzionalmente, in modo non giudicante e non critico”.

(rif. Full Catastrofe Living di Jon Kabat Zinn)

Nel corso degli anni sono stati numerosi gli studi scientifici sulla Mindfulness, che vanta ora prove di documentata efficacia.concept-mindfulness-x3-heads


Sul piano fisico la pratica di mindfulness: rafforza il funzionamento generale del corpo: la sua capacità di guarigione, le risposte immunitarie, la reattività allo stress. In particolare:

  1. nel dolore cronico

– riduce significativamente (del 40-50%) a livello del talamo e della corteccia prefrontale la risposta evocata dall’attivazione periferica delle vie dolorifiche.

– interferisce sulla trasmissione dell’impulso nocicettivo, e, provocando un aumento dei livelli di endorfine circolanti, agisce controllando la componente emotiva associata alla sensazione dolorosa.

– aiuta ad accogliere il dolore come un segnale separato dal suo contenuto affettivo attraverso la pura osservazione, della sensazione dolorosa periferica (sede, densità, colore, temperatura, oscillazione nel tempo) distinta dalle componenti emotive associate (impazienza, paura, rabbia, tristezza)

  1. nelle malattie cardiovascolari

– permette di ottenere una riduzione significativa della pressione arteriosa, della resistenza all’insulina e delle aritmie cardiache

  1. nei pazienti con cancro

è indicata come intervento complementare di self-care clinicamente importante, con significativi effetti sia sul piano psicologico (riduzione delle risposte ansioso, depressive) che  fisico (modificazione del livello di cortisolo, efficace risposta immunitaria, migliore risposta alle terapie chemioterapiche e radiologiche con una considerevole diminuzione degli effetti collaterali, et.al.)

  1. aiuta, in modo significativo, a sostenere l’impatto di malattie croniche o degenerative, (HIV, distrofia muscolare, cardiopatie, ictus, disturbi respiratori, diabete, acufene,ecc.) attraverso la coltivazione dell’accettazione, di una maggiore flessibilità cognitiva, una apertura emotivo/affettiva, una più realistica ed efficace rappresentazione di sé; inoltre privando la malattia di una automatica reazione psicologica iatrogena, sostituita da una maggiore consapevole cura di sé, ne migliora e rallenta i sintomi disfunzionali.
  2. coadiuva efficacemente le cure per le malattie della pelle: psoriasi, alopecia, dermatite allergica;
  3. migliora la qualità del sonno
  4. produce miglioramenti nei casi di asma, diabete, mal di testa cronico, allergie
  5. aiuta a rallentare il decadimento cognitivo, (perdita della memoria a breve termine, difficoltà di concentrazione, piccoli stati confusionali), provocato dall’invecchiamento, e migliora la qualità della vita nella terza età.

Sul piano professionale la pratica di mindfulness:

  1. sviluppa una consapevolezza che implica una maggiore presa di coscienza di sé e dei meccanismi di risposta automatici;
  2. migliora la gestione dei propri stati mentali ed emotivi con evidenti conseguenze nella qualità del lavoro svolto e nella comunicazione con altri;
  3. sviluppa un allenamento mentale per poter dirigere e mantenere  concentrazione, ricettività e vigilanza anche in condizioni di carichi di lavoro imponenti, superlavoro e stress.
  4. sviluppa la disponibilità ad aprirsi verso l’altro riducendo l’attitudine al giudizio/pregiudizio, permettendo di esplorare modalità comunicative di base più orientate verso la gentilezza, la continenza verbale, un maggiore rispetto e pazienza;
  5. aumenta la possibilità di comprensione degli altri e delle loro problematiche poiché stimola e migliora l’ innata capacità empatica: di “comprendere” cioè lo stato emotivo di un’altra persona;
  6. aumenta la capacità di  stabilire dinamiche  interpersonali sane ed efficaci per un buon  team building;
  7. mantiene una visione d’insieme ai processi interni sia propri che dell’altro;
  8. agevola la  leadership permettendo al manager di svolgere il ruolo di capo  con assertività ed umanità al contempo.
  9. favorisce, attraverso un allenamento sistematico sul non concettuale e non cognitivo, un migliore equilibrio tra le facoltà razionali ed intuitive della mente. Questo porta ad una diminuzione dell’uso rigido e difensivo dell’aspetto razionale e a un più immediato accesso a capacità ancestrali per accogliere potenziali utili insight;
  10. aumenta le capacità di problem solving e di gestione del “not knowing” per affrontare le difficoltà che si incontrano sul percorso;
  11. aumenta la  possibilità di portare contributi  illuminanti e idee creative; di uscire dagli schemi abituali e dai condizionamenti; di agire con maggiore competenza ed etica ; di  gestire situazioni complesse che richiedono lucidità e calma interiore; di  saper riconoscere e contenere i livelli di stress.

Sul piano psichico la pratica di  mindfulness:

  1. di aprirsi a tutte le situazioni (piacevoli e spiacevoli) e questo alimenta curiosità, fiducia e disponibilità;
  2. aumenta l’apertura mentale priva di pregiudizio alle innovazioni, sviluppa quindi una mente non giudicante che permette di incontrare l’esperienza così come è e valutarla senza etichette stereotipate o luoghi comuni;
  3. stimola ad una maggiore attenzione alla “qualità” nella relazione: contenuti, toni emotivi e tempi della comunicazione diventano congrui e finalizzati al “prendersi cura”, al “rispetto” e a trarre dalla relazione con l’altro beneficio e senso di benessere;
  4. sviluppa una rinnovata capacità di ascolto, ( profondità, ricettività, apertura); una diminuzione dei pre-giudizi durante l’incontro,(nel vedere l’altro per quello che è); una maggiore disponibilità verso gli altri in genere; una migliore modalità di comunicazione; una maggiore sensazione di connessione con l’altro;
  5. permette un maggiore accesso alle possibili risorse interiori ed alle proprie qualità personali, grazie  ad un training sostenuto che coltiva la capacità di entrare in contatto con se stessi a tutti i livelli: sensoriale, mentale, emozionale;

(rif. www.centromindfulness.net)